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Categoria: Cinema
Creato Giovedì, 01 Settembre 2011

Come ammazzare il capo e vivere felici, recensione di Luca Baroncini (n°138)    

di S. Gordon

con J. Bateman, C. Day, J. Sudeikis, J. Aniston, C. Farrell, K. Spacey, D. Sutherland, J. Foxx

“Horrible Bosses”, cioè “capi orribili” (questo il titolo originale), racconta la decisione drastica di tre ex-compagni di studi di liberarsi, uccidendoli, dei loro insopportabili capi al lavoro: un dirigente psicopatico, un viziatissimo cocainomane che ha ereditato l’azienda di famiglia, e una dentista ninfomane. Per concretizzare il loro progetto si ispirano al celebre film di Alfred Hitchcock “Delitto per delitto”: lo scambio delle vittime in modo da rendere impossibile risalire all’effettivo mandante.

Se la cosa non suona particolarmente originale è perché non lo è affatto. Sempre quest’anno, infatti, un film italiano ha proposto un soggetto pressoché identico: tre ex compagni di scuola che decidono di coalizzarsi scambiandosi le vittime per vendicarsi dei raccomandati che hanno soffiato loro il posto di lavoro. Il film è “C’è chi dice no” di Giambattista Avellino, una commedia piacevole radicata nel presente ma troppo leggera per mordere davvero e lasciare una traccia.

La variante d’oltreoceano liquida i riferimenti all’attualità con pochi cenni (l’amico che ha perso il lavoro e si ricicla come “masturbatore” a pagamento) e si concentra sull’affiatamento dei tre protagonisti (tutti provenienti dal piccolo schermo) e sulla notorietà dei tre boss da eliminare: il carismatico Kevin Spacey, l’irriconoscibile Colin Farrell e Jennifer Aniston in un’inedita versione sexy.

Dopo avere messo in campo le sue potenzialità, però, il film le brucia puntando esclusivamente sulla presunta comicità delle gag messe in scena, con tre complici, accomunati da un’ingenuità ai limiti dell’idiozia, alle prese con una situazione, l’omicidio, totalmente fuori dalle loro corde. Ma tutto è troppo caricaturale e sciocco per poter essere preso sul serio e ci si deve accontentare di ridacchiare per scambi di battute all’insegna del turpiloquio (un killer che si chiama “Fottimadre”...uh che spasso!) e del cattivo gusto, con caratterizzazioni macchiettistiche che vogliono l’uomo eterno bambinone, la donna poco più di un soprammobile e i cattivi quasi fumettistici nelle loro iperboli.

Tanta irriverenza, poi (comunque l’unico aspetto per cui il film si ricorda, il che è tutto dire), smussa lati oscuri e sfumature in un finale conciliante dove non c’è spazio per alcuna sorpresa o presa di coscienza. Grande il successo al botteghino in patria.

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