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Categoria: Cinema
Creato Lunedì, 17 Aprile 2006

Il miglior nemico, recensione di Luca Baroncini (n°78)

di C. Verdone

con C. Verdone, S. Muccino, A. Caterina Morariu

Colpisce il grandissimo successo del nuovo film di Carlo Verdone (più di 16 milioni di euro, fino ad ora), perché "Il mio miglior nemico" è davvero brutto. Non fa ridere, non fa pensare, non intrattiene. L’idea forte è quella di uno scontro generazionale tra Silvio Muccino, idolo delle ragazzine, e lo stesso Verdone, capace di incarnare con ironia qualità e debolezze dell’italiano medio. Eppure l’unione dei due, già protagonisti di differenti episodi nel tutto sommato riuscito "Manuale d’amore", genera un pasticcio deludente da ogni punto di vista. La colpa maggiore è della sceneggiatura, piena di buchi logici e incapace di dare spessore ai personaggi, marionette sbraitanti senza il sostegno di caratteri solidi e coerenti. La storia si basa su equivoci e vendette e non ha il carburante necessario per sostenere quasi due ore di film. Per riempire i molti tempi morti Verdone punta tutto, incautamente, sulla verve degli interpreti e suddivide il film in soporifere gag collegate malamente tra loro. Ecco quindi situazioni fritte e rifritte proposte senza la minima originalità e con tempi dilatati allo sfinimento. Forse dovrebbe fare ridere l’incontro tra adulteri interrotto dall’arrivo di un caricaturale marito in cerca di viagra? Oppure il fatto che i due protagonisti al pronto soccorso vengano scambiati per una coppia omosessuale? Che dire poi di una improbabile caduta dal davanzale della finestra per fotografare l’intimità di una coppia nel palazzo opposto? Le motivazioni dei personaggi, già esili nella prima parte, scompaiono definitivamente nella seconda, che cerca rifugio nell’on-the-road ma sbraca insulsamente, e in modo confuso, tra Ginevra e Istanbul (la tappa esotica è d’obbligo). Se i due protagonisti sono appena abbozzati, i comprimari non hanno modo di uscire dalla macchietta: la moglie isterica, l’amante nulla, la figlia bella, la madre frichettona. Per tacere di divagazioni prive di qualsiasi valore aggiunto, come l’assurdo episodio del cantante inglese intontito dalle canne o la moscissima, ma eterna, tappa del furto della macchina. E che dire dell’incidente galeotto che fa incontrare, e innamorare, il giovane protagonista e la figlia di Verdone? Del vuoto narrativo risente anche il lato drammatico, che ambisce all’amarognolo ma opta per un più rassicurante "volemose bene". Necessari forse per produrre il film in assenza di sovvenzioni statali, ma propinati con dubbio gusto, i troppi fotogrammi con il logo di una nota marca di telefonia. Dal disastroso risultato si salva l’interpretazione di Carlo Verdone, capace di qualche sfumatura, e la musica di Paolo Buonvino. Ma è il resto di niente.

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