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Categoria: Cinema
Creato Domenica, 01 Giugno 2014

Il venditore di medicine recensione di Luca Baroncini (n°169)

Locandina del film "Il venditore di medicine"di Antonio Morabitocon Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Evita Ciri, Marco Travaglio, Roberto De Francesco, Ignazio Oliva

Il film comincia con una Isabella Ferrari apparentemente misurata che in una riunione di lavoro spiega agli uomini del suo staff, tutti informatori farmaceutici, la “regola dell’undici”: qualunque spesa sostenuta per agganciare un medico e indurlo a sponsorizzare un farmaco deve rendere undici volte il costo che si è pagato. Dapprima si apprezzano il rigore della messa in scena, il carisma dell’attrice, i movimenti sincopati della macchina da presa, quello stare addosso ai personaggi per esaltarne le fragilità e favorire l’empatia. Ma è solo un’illusione perché la sequenza evolve presto assumendo toni esagitati con tanto di tragedia annessa.

Ed è questo il problema fondamentale dell’opera: l’urlo costante. Non si suggerisce un punto di vista, ma lo si impone, attraverso situazioni sempre spinte al limite per compiacere con facilità lo sdegno dello spettatore. Il tema è di quelli che non possono lasciare indifferenti. Si parla del sistema sanitario, quindi di salute, medicina, umanità alla deriva, deontologia professionale sotto i tacchi, interessi economici che riducono i pazienti a pedine per far quadrare i bilanci delle multinazionali farmaceutiche. Per esporre la sua teoria, però, Morabito non va per il sottile e, di grevità in grevità, alza continuamente la posta.

L’idea di porre al centro del racconto un antieroe è anche originale. Non abbiamo il solito paladino che si trova invischiato in un mondo sporco e cattivo, ma un uomo che di quel mondo è fautore. Pedina egli stesso, con catarsi finale, quindi pieno di dubbi, ma determinato a raggiungere il profitto costi quel che costi. E il prezzo da pagare si rivela molto alto. Un personaggio, cui cerca di dare sfumature Claudio Santamaria, che finisce però per risultare schematico: squalo in un mondo di squali ma caritatevole nei confronti dell’amico ammalatosi dopo essersi riciclato come cavia da laboratorio. All’assenza di remore morali sul lavoro si aggiunge poi una vita coniugale all’insegna dell’inganno, con una moglie desiderosa di maternità bombardata di nascosto da anticoncezionali per evitare ulteriori oneri.

L’impianto regge, l’andamento quasi da thriller con tanto di colpo di scena finale funziona, l’obiettivo di scuotere le coscienze è raggiunto. Non a caso quando il film termina è tutto un borbottio di spettatori che sperano di avere a che fare con la Sanità e le sue oscure trame il più tardi possibile. Però il fatto che non si abbia mai un dubbio su dove stia la ragione rende il film piuttosto debole e più vicino all’enunciazione di una tesi che alla sua comprensione.

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