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Categoria: Cinema
Creato Domenica, 01 Dicembre 2013

Parkland recensione di Luca Baroncini (n°163)

di Peter Landesman con Billy Bob Thornton, Zac Efron, Paul Giamatti, Marcia Gay Harden, Tom Welling, Jacki WeaverJohn Fitzgerald Kennedy parla al Congresso USA

Adottare un punto di vista originale su un fatto storico che ha cambiato il destino del mondo offre inevitabili spunti di interesse perché consente di guardare la Storia da una prospettiva diversa. Nel caso specifico non attraverso i grandi nomi che quegli eventi li hanno subiti in prima persona, ma per mezzo dei piccoli che di quei fatti sono stati casuali testimoni.

 

Il cineasta Peter Landesman, al suo debutto come regista e celebre più che altro come giornalista d’inchiesta, pittore, corrispondente di guerra e scrittore, prova a reinterpretare le vicende caotiche di Dallas del 22 novembre 1963, che portarono all’assassinio dell’allora presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy.

Nella sua visione si incrociano i medici e gli infermieri che provarono a rianimare il presidente, l’uomo che casualmente filmò in diretta l’omicidio, i poliziotti locali, gli agenti dei servizi segreti. Un gruppo di persone che, del tutto inaspettatamente, si trovò, in un attimo e per pochi giorni, catapultato al centro del mondo.

Se sulla carta la possibilità di utilizzare un’angolazione inedita è interessante, bisogna però constatare che la rielaborazione operata da Landesman non aggiunge granché al noto. Glissando sullo stridore causato dal contrasto tra i filmati d’epoca e gli innesti di finzione in cui i personaggi vengono all’inizio presentati (la luce non ha nulla degli anni ’60, il ciuffo di Zac Efron lo scaraventa nella contemporaneità), il film affronta con onestà le pieghe del soggetto dando voce, con equilibrio e una certa fluidità, alla coralità dei personaggi. Ognuno ha quindi adeguato spazio per esprimere la sua porzione di disagio.

L’insieme regge quindi senza crepe evidenti, ma l’andamento risulta anche decisamente prevedibile. Non aiuta il taglio televisivo delle immagini. Non è un caso che, anziché trovare la strada della sala, sia passato direttamente su Rai Tre, a cinquant’anni esatti dall’uccisione di JFK a Dallas. Più difficile capire come un’opera così anonima e superflua possa essere stata inserita in concorso all’ultimo Festival di Venezia.

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