Miss Violence recensione di Luca Baroncini (n°162)

di Alexandros Avranas con Themis Panou, Reni Pittaki, Eleni Roussinou, Rafika Chawishe

Il cinema greco trova sempre maggiore visibilità nei festival internazionali (solo a Venezia i recenti “Attenberg” e “Alps”). “Miss Violence” è l’opera seconda di Alexandros Avranas (classe 1977) che indaga un nucleo familiare, in apparenza ordinario, dove covano sotto traccia violenza e sopraffazione, tanto da indurre al suicidio una delle figlie appena undicenne. Una narrazione dominata da lunghi piani sequenza cerca di dare voce ai silenzi dei personaggi, in un crescendo di raggelante distacco dove i dettagli si succedono fino a rendere vero ciò che, fin da subito, lo spettatore meno smaliziato ha avuto modo solo di sospettare.

Il fallimento della famiglia pare inevitabile punto di arrivo, o di partenza, di qualunque cineasta e Avranas si inserisce nel filone ma, al di là di un certo controllo della messa in scena, che non assume mai connotati realistici, opta per un deteriore facile e sensazionalistico. Fino a quando congetture e ipotesi restano nell’aria, si apprezza il tentativo di dare forma cinematografica a un disagio non meglio definito. Nel momento in cui, però, la narrazione esige la sua resa dei conti, il greve ha il sopravvento e il film mostra tutta la debolezza della sua forzata costruzione. Come dire: che in qualunque famiglia non siano mai tutte rose e fiori lo sapevamo già, che questo si debba per forza tradurre nell’ennesimo orco prevaricatore, non si sa perché così a lungo impunito, comincia davvero a stancare. Tutto, quindi, già visto, letto, discusso e digerito.

Il contorno socio-economico di crisi prova a sostanziare maggiormente le scelte dei personaggi, ma sembra più che altro una furbizia per agganciare il racconto al presente. Inspiegabile il Leone d’argento per la Miglior Regia a Alexandros Avranas al Festival di Venezia, in cui è stato presentato in concorso. Eccessiva anche la Coppa Volpi come Migliore Attore a Themis Panou.