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Categoria: Cinema
Creato Lunedì, 05 Aprile 2021

NomadlandNomadland, recensione di Luca Baroncini (n°242)

di Chloé Zhao

con Frances McDormand,  David Strathairn 

Esistono vari modi per sondare la contemporaneità. La giovane regista cino-americana Chloé Zhao sceglie di trasporre l’omonimo libro d’inchiesta della giornalista Jessica Bruder con la complicità di un’interprete straordinaria come Frances McDormand.

A lei il ruolo di una donna, Fern, che diventa nomade non per scelta ma per necessità, dopo la chiusura della fabbrica mineraria in cui ha lavorato tutta la vita, la morte del marito e, di fatto, la progressiva scomparsa della città aziendale in cui viveva nel bel mezzo del Nevada, con un senso solo con la fabbrica mineraria attiva. 

Fern raduna tutta la vita che le serve in un furgone con cui inizia ad attraversare l’America. Il suo non è un viaggio nella disperazione, ma una scelta consapevole in cui il percorso intrapreso si ammanta soprattutto di ritrovata libertà. Il film è tutto qui, nei vari incontri, che si ripetono periodicamente, con persone che vivono ai margini, lontane dai cliché, mai del tutto stanziali, fuori dai censimenti ufficiali, interpretate da veri nomadi che mettono in scena se stessi. 

Le tappe di questo “on the road” prevedono momenti di solitudine, ma anche di condivisione e improvvisa solidarietà, con i ritmi della natura che insegnano più a lasciare andare che ad accumulare e contribuiscono a creare una nuova identità, lontana dagli stereotipi che un sistema capitalistico ha finito per imporre come ideali. 

Il film comincia come una sorta di elaborazione del lutto e diventa un percorso personale di rinascita, dove la strada intrapresa non è detto sia per forza quella più comoda, ma finisce per essere l’unica possibile. Almeno per la protagonista e il suo personale vissuto.

Un viaggio che ci conduce insieme a Fern nell’America rurale, nella crisi economica, nel sentire di un singolo che diventa ritratto di una collettività silenziosa, sulle note malinconiche di Ludovico Einaudi a cui è affidata la colonna sonora. 

Un piccolo grande film che forse i tanti riconoscimenti che sta raccogliendo (dal Leone d’Oro a Venezia agli Oscar che sicuramente vincerà) caricheranno di eccessive aspettative, mentre è nella dimensione intima che trova il suo spazio, la sua poesia, ed è lì che bisogna gustarlo per comprenderlo appieno senza sciuparlo.

 

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