Atomica bionda, recensione di Luca Baroncini (n°204)
di David Leitch
con Charlize Theron, James McAvoy, Sofia Boutella, John Goodman, Toby Jones
Quando un film funziona non puoi fare a meno di staccare gli occhi dallo schermo. È quanto accade con “Atomica bionda”, nonostante la razionalità inizi subito ad innalzare logiche difese verso una storia di spionaggio in cui doppi e tripli giochi si sprecano e ogni svolta è prima di tutto improbabile.
Siamo nella Berlino del 1989, verso il tramonto della “guerra fredda”. Alla vigilia della Caduta del Muro un segretissimo dossier, contenente informazioni su tutti gli agenti delle forze alleate, rischia di finire nelle mani sbagliate. Sulle sue tracce si mette la migliore spia d’Inghilterra. Una donna bellissima e senza scrupoli in un mondo dalle coordinate impazzite dove nessuno è ciò che sembra.
Già l’ambientazione contribuisce ad ammantare di fascino l’intrigo, ma ciò che fa la differenza è la capacità del regista David Leitch di creare un impasto accattivante di musica e immagini. Alcune sequenze hanno l’incedere del videoclip: musica degli anni ’80, a volte ammantata di sonorità contemporanee (il film contiene 15 brani celeberrimi), atmosfere noir, look e design curatissimi, con chiazze di colore acceso (quelle scarpe rosse dai tacchi vertiginosi) che squarciano con gusto i toni plumbei berlinesi. L’insieme prende la forma suadente di una sorta di revival della cultura pop di quel periodo che ammalia e seduce, sicuramente più dei continui voltafaccia dei personaggi, di cui presto si perde il filo.
L’intrattenimento non sarebbe così solido senza una regia attentissima ai dettagli, in grado di valorizzare le molte sequenze di azione, inizialmente piuttosto roboanti e via via più realistiche, in linea con i toni sempre più cupi della vicenda. Al riguardo ce n’è una senza apparenti stacchi di montaggio, lunghissima e assai cruenta, che lascia senza fiato.
Con poca esperienza ufficiale come regista (è coregista, ma non accreditato, del molto meno riuscito “John Wick”), David Leitch ha però una lunga e onorata carriera come stuntman, evidente nella capacità di coreografare gli eccessi dell’azione attraverso immagini potenti e dal forte impatto. Determinante anche il carisma, l’eleganza e l’energia di Charlize Theron, ormai, dopo l’imperatrice Furiosa di “Mad Max: Fury Road”, icona di donna d’azione tostissima e dal cuore di ghiaccio. Nota di merito anche per James McAvoy, in un ruolo ambiguo e fisico che finalmente lo valorizza. L’origine fumettistica, la graphic novel “The Coldest City”, non viene tradita, ma personalizzata con grande attenzione per la resa visiva e cromatica. Il risultato, superficiale ed epidermico, è puro cinema di svago, quello che ti gusti in sala su schermo enorme e con il volume al massimo.
Tanti ci provano. Solo alcuni ci riescono. David Leitch centra l’obiettivo.