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Categoria: Libri
Creato Mercoledì, 01 Marzo 2017

Storia di AdaUna maestra, recensione di Rino Ermini (n°199)

sta in: “Storia di Ada”

Autore: Carlo Cassola

Editore: Einaudi

Luogo di edizione: Torino

Anno: 1967

Pagine: 104 “Una maestra”, 174 l’intero volume

Carlo Cassola, nacque a Roma nel 1917, da madre volterrana; morì a Montecarlo di Lucca nel 1987. Neorealista, venne definito “scrittore toscano schivo e solitario”. Toscano perché quasi tutta la propria vita la passò in questa Regione e perché buona parte delle opere le ambientò fra la Maremma, Pisa, Cecina e Volterra. Fu insegnante di liceo oltre che scrittore, e poi giornalista e uomo impegnato politicamente.

Partecipò alla Resistenza, nel dopoguerra aderì al Partito d’azione, lavorò ad un’importante inchiesta sui minatori della Maremma insieme a Luciano Bianciardi (uno scrittore che i libertari dovrebbero conoscere bene) e infine, negli ultimi anni della vita, fondò con altri la “Lega per il disarmo” e si adoperò con forza per un obiettivo forse utopistico e oggi dimenticato, ma che aveva un grande senso e meriterebbe di essere ripreso: il disarmo unilaterale dell’Italia. Molti sono i suoi romanzi e i suoi racconti. Personalmente metterei fra gli irrinunciabili “Il taglio del bosco” (forse il capolavoro), “La ragazza di Bube” (quello che ebbe maggior successo), “Ferrovia Locale”, “Fausto e Anna”, “Il cacciatore”. I protagonisti sono uomini, donne e luoghi di una Toscana realistica, profonda, forse un po’ arcaica ma non provinciale. Gente umile, nel senso di gente normale, che fa la vita di tutti i giorni, non cose straordinarie: ferrovieri, operai, contadini e boscaioli, donne di casa, impiegati, pendolari, ragazze, un ex partigiano, un cacciatore, una maestra, un dottore.

La “Storia di Ada” si compone di due racconti lunghi: “La storia di Ada”, appunto, e “Una maestra”, «accomunati dall’amore che Cassola porta ai suoi personaggi, dalla volontà di mettere in luce il senso poetico della loro vicenda, per umile e deludente che sia» (quarta di copertina). È il secondo di questi due racconti che qui prendiamo in considerazione. Siamo in Toscana, nella zona fra Volterra, Pomarance e Saline, precisamente a Metato, un paesino sperduto. Vi arriva appena passato il fronte, quindi fra la fine dell’estate e l’autunno del 1944, una maestra, Fiorella, di ventiquattro anni, destinata alla scuola elementare locale, con un figlio di due anni in braccio e in attesa di un secondo, sola: il marito sta altrove e si disinteressa di lei perché ormai sono in rotta di collisione, lui ha un’altra e il loro matrimonio è finito. Vi giunge priva di tutto, trova una stanza per dormire che è quanto di peggio possa esserci e ha grandi difficoltà a vivere. Lì incontra un proprietario terriero che prima era fascista e ora ha terrore dei comunisti, un gruppo di boscaioli che dormono nella stanza accanto alla sua, un dottore che gira la zona a curare i propri pazienti, socialista, attivista politico, separato dalla moglie, e con la casa piena di libri. La maestra è una donna giovane e piena di dignità e di coraggio, non ha chissà quali velleità, ma vuole vivere meglio, per sé e i suoi figli.

È un libro in cui non si parla di scuola, se non, in un certo senso, indirettamente. Ma non abbiamo dubbi sul fatto che in questa rubrica ci stia benissimo il ritratto di una donna insegnante colta non in cattedra, ma nella propria vita privata di ogni giorno, in quel luogo e in quel preciso momento storico. È un omaggio alle migliaia di donne maestre che come lei hanno affrontato, e affrontano, difficoltà e disagi non nell’espletare una missione, che l’insegnamento missione non è, ma come lavoratrici un po’ particolari, spesso affezionate al loro mestiere nonostante i duri sacrifici cui sono sottoposte, e consce dell’importanza e della delicatezza del loro ruolo per l’intera società.

 

 

 

 

 

 

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