Stampa
Categoria: Lavoro e sindacato
Creato Domenica, 10 Febbraio 2013

Così va il mondo..., redazionale (n°154)

La popolazione del pianeta aumenta, e con essa aumentano i consumi. Ma non per tutti allo stesso modo

La scarsa qualità della stampa periodica italiana – sostiene Aldo Giannuli – è resa evidente dall’osservazione che i quotidiani e le riviste dedicano le prime pagine alla politica interna: in quasi tutto il resto del mondo, invece, sono di solito le notizie provenienti dall’estero ad occupare gli spazi più importanti. Cenerentola non fa eccezione.

Anche la nostra rivista, quasi sempre, si apre con notizie relative alla politica interna, come se ciò che accade nel nostro paese fosse indipendente dal quadro internazionale entro il quale si colloca.

Proveremo a correggerci: che cosa sta accadendo nel pianeta? Accade, innanzitutto, che la popolazione mondiale sta aumentando a un ritmo travolgente (di questo, in verità, abbiamo parlato più volte, forse perché il nostro editore è stato insegnante di demografia) e che gran parte di tale popolazione aspira ai livelli di consumo caratteristici dell’Occidente.

C’è chi afferma che la crescita demografica è destinata ad arrestarsi, in quanto il progressivo aumento della consapevolezza da parte delle donne le induce a limitare la propria fecondità. Ciò è in parte vero (in quasi tutte le nazioni la fecondità sta calando), ma è anche vero che il decremento è lento, e che le donne in età riproduttiva sono tante. Di conseguenza, nell’immediato futuro, siamo ancora destinati ad aumentare (senza considerare l’auspicabile aumento della speranza di vita alla nascita…).

Riesce davvero difficile pensare che dieci miliardi di persone potranno abitare questo pianeta senza renderlo invivibile (si consideri che soltanto all’inizio dell’Ottocento la popolazione mondiale ha superato il miliardo di abitanti). Occorre quindi, come minimo, che i popoli di quello che fu l’Occidente industrializzato riducano i loro consumi, il che non significa necessariamente vivere peggio, ma certamente vivere in modo diverso. Agli abitanti dei paesi poveri invece non si può certo chiedere di consumare meno. Si può però chiedere loro, attraverso l’esempio, di non ripetere gli errori dell’Occidente.

Le nostre classi dirigenti, di vivere in modo diverso non hanno alcuna intenzione. Stanno bene così e non intendono rinunciare a nulla; se qualcuno deve rinunciare a qualcosa – pensano – che siano i lavoratori! E sempre più, in effetti, sono coloro cui viene chiesto di rinunciare allo stipendio. Del resto è giusto – a giudizio dei potenti – che chi riesce ad emergere, o (più frequentemente) a rimanere a galla, venga premiato. Gli altri devono solo ringraziare se qualcuno dà loro da lavorare.

Quanto agli abitanti dei paesi poveri – secondo questo modo di pensare – servono solo come operai nelle fabbriche e, quando emigrano, come servi nelle case.

Chi è nato in un paese povero la pensa in modo diverso. Se muore di fame aspira, ovviamente, a fare l’operaio; se fa l’operaio aspira ai livelli di consumo dei cittadini dei paesi dell’Occidente; in molti casi è disposto, pur di ottenerli, ad emigrare e, se necessario, anche a fare il servo dalle nostre parti.

Naturalmente non c’è paese povero che non abbia la sua, ricchissima, classe dirigente. Spesso i componenti di essa si accontentano di vivere sulle spalle della popolazione, garantendo nel contempo gli interessi dei paesi ricchi. In alcuni casi invece (l’appetito vien mangiando), oltre a sfruttare i propri sudditi, si mettono in competizione con le classi dominanti dell’Occidente.  E’  il  caso  delle classi dirigenti cinesi, ansiose di rivincita nei confronti di chi, nel corso degli ultimi secoli, le ha spesso umiliate.

Difficile dire se questa rivalità tra Oriente e Occidente (ma, soprattutto, tra le rispettive classi dominanti) si trasformerà in guerra conclamata. Di certo, una guerra risolverebbe molti problemi di sovrapproduzione (oltre ad alleviare quelli dovuti al sovrappopolamento). In sua assenza, il declino dell’Occidente sembra comunque inesorabile, e l’ulteriore crescita di almeno alcuni tra i paesi in via di sviluppo, altrettanto inevitabile.

Poiché siamo contrari alla guerra e favorevoli al riequilibrio mondiale, la cosa non ci turba particolarmente. Il problema è che, come si diceva, le nostre classi dirigenti vogliono mantenere inalterato il modello di sviluppo salvaguardando così i loro profitti e facendo pagare interamente alle classi subalterne la crisi dell’Occidente. Ed è esattamente ciò che sta imponendo Monti agli Italiani. Ma anche ciò che stanno imponendo ai Greci, agli Spagnoli e ai Portoghesi i rispettivi governi. I Francesi, a quanto pare, seguiranno.

Pochi sono i paesi dell’Occidente che non rischiano di finire a breve tra i cosiddetti PIGS (tra i paesi, cioè, considerati inaffidabili): fra questi, grazie alla loro forza militare, sembrerebbero esserci i, pur indebitatissimi, USA (nei quali però, da sempre, la condizione sociale dei poveri è disastrosa) e, grazie ad una lungimirante politica economica, la Germania che (per ora) riesce a non infierire eccessivamente sulla propria classe operaia.

E noi comuni mortali, in tale contesto, che cosa dovremmo fare? Innanzitutto dovremmo diminuire drasticamente il numero dei figli (e questo in Italia già lo abbiamo fatto). In secondo luogo dovremmo ridurre gli sprechi ed i consumi inutili, anche, e soprattutto, per ridurre l’inquinamento ambientale che nel nostro paese, e nei mari che lo circondano, sta diventando insostenibile (su questo a livello privato, ma ancor più a livello pubblico, c’è ancora molto da fare).  Infine dovremmo redistribuire tra tutti la ricchezza in eccesso. E qui emerge, ancora una volta, chiaramente, la centralità dell’irrisolta questione sociale.