Dalla Norvegia un’altra lezione di civiltà, redazionale (n° 190)
Fummo tutti stupiti quando, nell’estate del 2012, un tribunale di Oslo condannò Anders Behring Breivik, il fascista massacratore di 77 persone, perlopiù giovani militanti socialdemocratici, a soli 21 anni di carcere (la pena massima prevista in Norvegia).
Soprattutto tenendo conto che la corte avrebbe potuto aggirare la norma, dichiarandolo pazzo, e rinchiuderlo a vita in un ospedale psichiatrico. Su Cenerentola, ammirati da tanta coerenza e civiltà, commentammo: “C’è del buono in Norvegia”.
Successivamente Breivik aveva fatto causa allo stato norvegese, denunciando “condizioni di detenzione inumane”. E pochi giorni fa un’altra corte, presieduta dalla giudice Helen Andenaes Sekulic, gli ha dato ragione su questo punto, decidendo che le autorità dovranno dargli un indennizzo di 330mila corone, cioè circa 35mila euro, per i cinque anni di detenzione trascorsi in stretto isolamento.
Degno di nota il fatto che Breivik vive a Skien (carcere di massima sicurezza) non in una piccola cella (come capita a molti italiani in attesa di giudizio) bensì in un mini-appartamento di trentuno metri quadrati diviso in stanza da letto, stanza palestra e stanza lavoro, con angolo cottura e servizi. E che dispone inoltre di televisione e di computer (senza connessione a internet).
La corte ha stabilito che comunque il suo totale isolamento viola la convenzione europea sui diritti umani.
In Italia invece, stando ai dati riportati dall’associazione Antigone, ben novemila detenuti hanno a disposizione meno di quattro metri quadri a testa. E non si tratta di risparmio: ciascuno di essi, infatti, costa allo stato (meglio: ai cittadini) ben quattromiladuecento (quattromiladuecento!) euro al mese.
Molti di loro, probabilmente, se ricevessero un mensile pari alla metà di tale cifra smetterebbero di delinquere! (red)