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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Mercoledì, 21 Luglio 2021

FattorinoChi ha rubato il futuro? diLuciano Nicolini (n°245)

Considerazioni su quanto sta accadendo in un paese alla deriva

Sgombro subito il campo da un possibile equivoco: quando parlo di “furto del futuro” non mi riferisco, come purtroppo è di moda, al presunto furto che gli appartenenti alla mia generazione (i “figli dei fiori”, ora nonni dei medesimi) avrebbero attuato ai danni dei nati nel XXI secolo.

Se i “figli dei fiori”, protagonisti di quella che fu chiamata “contestazione giovanile” hanno vissuto meglio dei loro genitori, è perché hanno lottato, a differenza di quanto hanno fatto (e continuano a fare) i figli del XXI secolo. Certo, le condizioni in cui siamo cresciuti erano particolarmente propizie: la classe operaia dei paesi industrializzati era numerosa e spesso radunata in luoghi che ne facilitavano l’organizzazione sindacale; i giovani costituivano una rilevante percentuale della popolazione (e, in politica, anche il numero conta); i paesi cosiddetti “socialisti”, pur essendo tutto tranne che tali, rappresentavano un modello, alternativo a quello liberista, cui una popolazione insoddisfatta avrebbe potuto, da un momento all’altro, aderire (e ciò induceva le classi dominanti a fare concessioni più facilmente di oggi). Ma sta di fatto che lottavamo e, impegnandoci, abbiamo ottenuto molte tra le cose che ci spettavano: non abbiamo rubato niente a nessuno.

Chi ha rubato qualcosa alle giovani generazioni sono gli appartenenti alle classi dominanti: quelli che chiamavamo “padroni” (“No alla scuola dei padroni! Via il governo! Dimissioni!”) e ora vengono chiamati “imprenditori” quando non, addirittura “datori” (anziché, come sarebbe corretto, compratori) “di lavoro”. E non hanno rubato ai giovani soltanto soldi e tempo di vita, hanno rubato a loro (e a tutti) anche l’idea di un futuro, l’idea stessa di un futuro migliore.

Camerieri e giornalisti

Accennavo, sul precedente numero di Cenerentola, alle assurde affermazioni di chi si lamenta perché i camerieri non accettano di lavorare cento ore alla settimana in cambio di settecento euro mensili: preferiscono rimanere disoccupati e chiedere il cosiddetto “reddito di cittadinanza”. Ci sarebbe da stupirsi del contrario! 

E  i  padroni  (pardon,  i “datori di lavoro”) hanno la faccia tosta di chiederne l’abolizione…

A qualche giornalista (categoria anch’essa assai malpagata, se si eccettuano pochi professionisti assunti a tempo indeterminato) è venuto in mente di indagare in merito. Ed è emerso ciò che tutti sappiamo: il brutale sfruttamento non riguarda solo i camerieri, e neppure i soli operatori del turismo, riguarda la grande maggioranza dei lavoratori, compresi quelli, formalmente assunti in regola, che sono costretti a restituire al padrone, in contanti, metà dello stipendio mensile appena lo ricevono.

Adil Belakhdim

C’è voluta la morte di Adil Belakhdim, sindacalista del SICobas travolto il 18 giugno da un camion nel corso di un presidio di fronte alla Lidl di Biandrate (Novara), perchè i mezzi di comunicazione di massa iniziassero a parlare delle drammatiche condizioni di lavoro nel settore della logistica e l’ex premier Giuseppe Conte invocasse un nuovo statuto dei lavoratori.

Più esplicito è stato invece il segretario provinciale novarese del sindacato di polizia Siulp, che ha dichiarato: «Stiamo vivendo un tempo di arretramento dei diritti su tutti i fronti, nel lavoro ancor di più». Insomma, i più a sinistra sembrano essere i poliziotti!

Ma i lavoratori, complici i bassi salari, continuano a fare acquisti on line (“costa tutto meno, e poi te lo portano a casa…”). Peccato che quei prodotti costino meno perché realizzati, devastando l’ambiente, da operai sfruttati dei paesi poveri e perché portati nelle nostre case da fattorini altrettanto sfruttati (che a loro volta, essendo malpagati, compreranno on line). E intanto il Pianeta viene saccheggiato e inquinato ogni giorno di più, con le conseguenze che ben sappiamo sul mutamento del clima…

Sembrerebbe non esserci via di scampo.

Riprendiamoci il futuro

E invece una strada c’è: occorre riprendersi il futuro o, meglio, l’idea di un futuro migliore, quell’idea che ha motivato le passate generazioni a lottare e a cambiare, attraverso il loro impegno, il mondo. C’è bisogno di un’utopia, di un progetto, e forse non sono il solo a desiderarlo.

Negli ultimi anni mi è capitato più volte di partecipare a cortei, talvolta anche abbastanza numerosi, e tuttavia percepire l’estraneità di coloro che ci guardavano passare. Da un po’ di tempo a questa parte noto piuttosto curiosità, stupore, forse anche invidia da parte di chi ormai è stato derubato del futuro.

O forse mi sbaglio: confondo la realtà con i miei desideri. 

Chi vivrà vedrà…