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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Domenica, 07 Giugno 2020

Controllo temperatura corporeaCoronavirus e democrazia illiberale, di Luciano Nicolini (n°234)

Approfittando dell’emergenza sanitaria i governi dei paesi industrializzati stanno cambiando molte cose: e non in meglio

La fotografia che abbiamo scelto per la copertina di questo numero di Cenerentola, scattata da Maria Elisabetta Luciani a Dubai, mi sembra significativa: cammelli e grattacieli, lavoratori invisibili (qualcuno li avrà pur costruiti, quei grattacieli) e vacanzieri bene in vista.

Viviamo in un mondo che è difficile comprendere utilizzando le classificazioni del passato, ma che nondimeno presenta contraddizioni stridenti. Durante gli anni settanta del Novecento, nei paesi industrializzati, i libertari lottavano per il comunismo anarchico:  non che ci si illudesse di poterlo ottenere facilmente, ma si dava per scontato che tali paesi fossero incamminati verso la socialdemocrazia. Si temeva potesse assumere la forma di una socialdemocrazia autoritaria e si era convinti che le lotte in corso avrebbero potuto, quantomeno, avere come conseguenza un robusto innesto di libertà e solidarietà all’interno di quel contesto.

Poi arrivarono gli anni ottanta, forse gli anni più bui, e la prospettiva socialdemocratica sparì dall’orizzonte. Il capitalismo trionfava ovunque   ma, ad esso, sembrava accompagnarsi quella “democrazia liberale” che se da un lato permette ai sudditi di scegliersi (entro certi limiti) il sovrano, dall’altro garantisce alle minoranze la libertà di esistere e manifestare il proprio pensiero.

La svolta autoritaria

In questo secolo, invece, stiamo assistendo a una svolta: i governi (e i burattinai che li muovono) mostrano sempre più insofferenza nei confronti della cosiddetta “democrazia liberale” e stanno virando verso quella che da Orban e dai suoi estimatori viene teorizzata come “democrazia illiberale”. Non si intende, almeno per ora, abolire le elezioni (i cui esiti del resto, grazie al dominio sull’informazione, possono in larga parte essere controllati). Si vogliono invece limitare fortemente le libertà individuali e collettive, e in questo contesto l’emergenza coronavirus è caduta (e in parte è stata fatta cadere) come il cacio sui maccheroni.

Lo scorso numero di Cenerentola aveva come supplemento  un opuscolo curato da Gianpiero Landi e intitolato “Democrazia, Fascismo, Populismo”, nel quale la svolta autoritaria in corso veniva analizzata. Come riportato nel retro di copertina, era stato redatto interamente prima del 21 marzo 2020, quando in Europa l’emergenza coronavirus era appena iniziata. Nelle ultime settimane il processo autoritario è stato accelerato, e non soltanto da Orban in Ungheria, ma anche dagli altri capi di governo. 

Tornerà tutto come prima, alla fine dell’emergenza sanitaria? È lecito dubitarne.

Innanzitutto, come avevamo largamente previsto sul numero di marzo di Cenerentola, l’area del telelavoro sarà estesa (e telelavoro significa, oltre che aumento dello sfruttamento, telecontrollo); verrà estesa anche l’area della didattica a distanza (che significa, oltre che educazione scadente per le classi subalterne, telecontrollo); verrà implementata la tecnologia 5G, rendendo completamente registrabile ogni nostro spostamento, ogni ricavo, ogni spesa, ogni nostra affermazione.

E non è detto che la cosa finisca qui.

La questione sociale

Gianpiero Landi, al termine della sua analisi, riporta una frase tratta da un articolo scritto da Toni Iero nel 2018: «Con tutta probabilità, il prossimo ciclo di lotte cui dovremmo prepararci avrà come obiettivo non la realizzazione del socialismo libertario, bensì la difesa degli spazi di democrazia liberale rimasti nelle società occidentali».

Concordo solo parzialmente.

L’emergenza coronavirus, se da un lato ha dato modo ai governi (e a quello italiano in particolare) di mettere in atto una sospensione delle libertà costituzionali che non ha precedenti nella storia delle “democrazie liberali” dall’altro ha provocato (insieme a detta sospensione) una crisi economica dalla quale non sarà facile (in particolare per la popolazione italiana) riprendersi.

Riemerge insomma, in tutta la sua gravità, l’irrisolta questione sociale, e sarebbe a mio parere perdente trascurare l’obiettivo del socialismo libertario per concentrare le proprie forze sulla difesa degli spazi di libertà rimasti. 

Ciò che occorre fare, a mio parere, è “muoversi come pesci nell’acqua”, portare cioè avanti il  progetto socialista e libertario sia nelle sue componenti egualitarie sia in quelle attinenti le libertà individuali e collettive, privilegiando tra i nostri obiettivi quelli più facilmente condivisibili da una popolazione resa politicamente analfabeta dai mezzi di comunicazione di massa; propagandarli facendo uso di immagini più che di scritti incomprensibili; utilizzare gli strumenti di lotta che meno infastidiscono chi a quella lotta è estraneo (che senso ha, salvo casi del tutto eccezionali, fare un blocco stradale?).

Il che non significa che non si debba contrastare con forza ogni attacco alle libertà individuali e collettive e ai diritti delle minoranze, ma lo si deve fare nella consapevolezza che oggi la maggioranza della popolazione non è libertaria (salvo brontolare per le restrizioni della propria personale libertà), disprezza le organizzazioni dei lavoratori (salvo ricorrere ad esse quando non ha il sostegno di nessuno, neppure dei colleghi) e ai diritti delle minoranze è ben poco interessata.