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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Venerdì, 01 Maggio 2020

CaseLa colpa è del capitalismo, di Rino Ermini (n°233)

Una precisazione: uso la parola Potere, con la “p” maiuscola, per indicare uomini e strutture di tipo politico, economico, culturale, militare, religioso, ecc. che nella società, attraverso lo sfruttamento e l’oppressione, garantiscono enormi privilegi a una fetta minoritaria della popolazione a danno della maggioranza.

E più che le marionette in scena avrei in mente quelli che tengono i fili e sulla scena non si vedono mai o quasi mai.

Riguardo all’attuale difficile situazione dovuta al  nuovo coronavirus, qualcuno sostiene che il Potere se la sia organizzata per provare un’operazione repressiva su vasta scala in vista di future e magari prossime occasioni in cui potrebbero esserci da fronteggiare le rivolte proletarie. Io non ci credo. Non che il Potere non sia capace di questo ed altro, ma semplicemente mi riesce difficile credere che le cose stiano così. Ciò non vuol dire tuttavia che il Potere, ipotesi molto più realistica, non approfitti di questa emergenza per provare i propri sistemi di controllo ed eventualmente di repressione su vasta scala. Anche se, tutto sommato, sarebbe facile dimostrare come gli apparati di controllo, della formazione dell’opinione pubblica e della repressione siano già oliati e in piena efficienza senza bisogno di aspettare le epidemie.

La situazione sanitaria è comunque seria, e ritengo non vi sia molto da dire nel merito di quel che fanno le autorità (governo, ISS, ecc.) per arginare il virus e contenerne i danni. Critiche e dubbi sono tuttavia legittimi, sebbene sia convinto che sarebbe opportuno non assumere il ruolo dei grilli parlanti o essere confusi con coloro che, orientati a destra rispetto all’attuale governo ritenuto di centrosinistra, si schierano contro per partito preso e per i loro loschi giochi di potere.

Ciò premesso, e ribadendo che la questione del controllo e della repressione non va trascurata, troverei indispensabile porre all’ordine del giorno una serie di questioni che hanno stretta attinenza col recente passato, la situazione presente e il futuro prossimo e meno prossimo.

La sanità pubblica

È evidente che stanno venendo al pettine i disastri combinati dai governi negli ultimi trent’anni nella sanità pubblica attraverso le privatizzazioni, il taglio del personale, il taglio dei finanziamenti, il dirottamento di denaro dalla sanità pubblica a quella privata e, prima ancora, la “regionalizzazione” di un servizio che per equità e giustizia sociale dovrebbe essere uguale su tutto il territorio nazionale. Si imporrebbe quindi un’inversione di rotta rispetto alle scelte di liberismo sfrenato degli ultimi decenni, e cioè: assunzioni nella sanità pubblica, investimenti nelle strutture e nella preparazione del personale, ritorno al servizio “nazionale”, azzerare una volta per tutte i finanziamenti pubblici alla sanità privata, gratuità per tutte e tutti e, da ultimo ma non il meno importante, ripristinare i diritti calpestati delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, nonché quelli dei pazienti che devono tornare ad essere cittadini bisognosi di cure e non “clienti”.

L’istruzione, la scuola, la cultura 

Dalla preparazione umana, culturale, sociale, politica oltre che professionale delle nuove generazioni dipenderà un futuro diverso e migliore della società; e anche una minore o maggiore capacità di prevenire (ed eventualmente affrontare) emergenze come quella che abbiamo ora di fronte.  È  quindi  evidente che anche su tale questione è urgente una svolta netta rispetto alle scelte operate finora, perciò forti investimenti sul personale e sulle strutture, chiusura dei finanziamenti alla scuola privata, rivedere contenuti e metodologie dell’insegnamento in senso progressivo, separazione netta della scuola dalle esigenze della produzione e del mercato: in altre parole abbandonare l’ideologia liberista per una visione della scuola come puro e semplice  servizio pubblico.

La ricerca e l’università

Urgono anche in questo caso forti finanziamenti in strutture e personale, perciò in primo luogo la sistemazione in ruolo dei ricercatori e dei docenti precari già in servizio e nuove assunzioni. E anche qui, inutile dirlo, siamo in un settore dove non si può ragionare coi criteri del libero mercato e del profitto.

Diminuire la popolazione a livello mondiale

Non vi è alcun dubbio che la specie umana è una specie ormai troppo numerosa per le possibilità del pianeta. La pressione che gli uomini, e le donne,  stanno esercitando sul globo terracqueo è ormai insostenibile. E certo un’epidemia si avvale per la propria diffusione anche dell’eccesso e della concentrazione della popolazione. Qualcuno potrebbe sostenere che sarebbe sufficiente modificare i nostri comportamenti e non solo sarebbero annullati i danni, ma ci sarebbe posto per altre persone. Sul fatto che intanto si debbano eliminare i danni, cioè i comportamenti nocivi, c’è poco da dire, ma non credo che lasciare che la popolazione mondiale aumenti ancora sia una scelta intelligente. Quindi credo che si dovrebbe mettere con forza all’ordine del giorno l’obiettivo di ridurre gradatamente la popolazione mondiale attraverso il controllo delle nascite. Quali i mezzi da utilizzare è presto detto: educazione sessuale e contraccezione nel rigoroso rispetto della dignità umana, in primo luogo delle donne.

L’inquinamento  ambientale

La condizione in cui l’azione umana (ma sarebbe opportuno dire l’azione del capitalismo) ha ridotto il pianeta, potrebbe senza dubbio ascriversi fra le cause del nuovo coronavirus. Il virus colpisce soprattutto persone con patologie cardiovascolari e delle vie respiratorie, le prime dovute certamente, anche se non solo, al modo di nutrirsi e alla vita stressante, le seconde senza dubbio all’inquinamento nei posti di lavoro e nei luoghi dove viviamo. Si pensi al livello di inquinamento nelle zone industriali, minerarie e urbane di un paese come la Cina. E si pensi alla “civile” Lombardia dove, quasi del tutto scomparso l’inquinamento dovuto alle fabbriche, chiuse o trasferite altrove, è a livelli stratosferici quello provocato dal traffico. Gli amministratori  lo sanno ma, con stampa e media vari conniventi, non ne parlano; soprattutto non muovono un dito sul piano pratico perché nel nome del dio profitto non si possono rallentare né la produzione né il consumo. Ad esempio, non si può nemmeno pensare a chiudere tutto almeno un giorno a settimana, soprattutto i supermercati; o avviare una vasta ristrutturazione del servizio pubblico dei trasporti invertendo anche qui la rotta rispetto alle politiche di privatizzazione attuate nel recente passato.

Urge insomma che si decongestionino le città andando di più a piedi e con i mezzi pubblici e diminuendo il trasporto privato. Inoltre, sebbene questo sia un discorso forse più difficile, smettere di costruire e di consumare territorio: e al posto della cementificazione selvaggia imboccare la via dello sviluppo edilizio ristrutturando l’esistente in funzione del bello, dell’ecologico e dell’utile. Infine cominciando ad abbattere l’inutile, l’osceno e il degradante col fine di erodere gli spazi urbani e incrementare il territorio libero. Altro che condoni edilizi, facilitazioni all’espansione edilizia attraverso deroghe alla normativa ambientale, e grandi opere.

Il lavoro, i diritti e, in età ragionevole, una pensione dignitosa

Avere un lavoro pulito, sicuro e con i diritti riconosciuti e tutelati, è un ottimo antidoto alla malattia; perciò è da qui che dovrebbe partire la prevenzione anche contro un’eventuale pandemia. Sfido chiunque a dimostrare che questa asserzione non è vera, e che il liberismo, il lavoro nero, il lavoro precario con tutti gli affanni, le ansie e le preoccupazioni che provoca, la disoccupazione, l’assenza dei diritti e chi più ne ha più ne metta, fanno bene alla salute. Una tale bestialità l’hanno sostenuta e la sostengono i farabutti che col liberismo ingrassano. 

E l’hanno sostenuta e accettata anche miriadi di imbecilli, bisogna chiamarli col loro nome e non pensarli solo come vittime, che ci hanno creduto nonostante che con essa siano peggiorate brutalmente le loro condizioni di vita. 

C’entrano anche le pensioni perché se si va in pensione prima, cioè si lavora di meno, e con una pensione dignitosa, si campa meglio e di più, e magari ci si ammala di meno e quando arriva il coronavirus  si è più in grado di resistergli.

Certo: è probabile che  se nel complesso la gente stesse meglio e si ammalasse di meno, e anche le possibilità di una pandemia diminuissero, vi sarebbero disgraziatamente una serie di conseguenze nefaste per l’umanità; non si possono elencare tutte, ma tre delle più immediate ed evidenti non possiamo tacerle: le multinazionali del farmaco vedrebbero calare drasticamente i propri profitti, non avremmo bisogno degli “arresti domiciliari” né, tantomeno,  dell’esercito nelle strade.

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