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Categoria: Dibattiti e opinioni
Creato Mercoledì, 01 Aprile 2015

Locandina del film Se permettete parliamo di donneSe permettete, parliamo di anarchici, di Luciano Nicolini (n°178)

È vero: la politica sembra sempre più distante dalla società reale. Ma i libertari anche.

Scrivevamo sullo scorso numero di Cenerentola (marzo 2015) che «il compito dell’editoriale, all’interno di una rivista politico-culturale, è in prima approssimazione quello di commentare gli avvenimenti politici e sociali che sono al centro dell’attenzione dei lettori». Contemporaneamente (vi assicuro che non lo avevamo concordato) su “A rivista anarchica” (marzo 2015) è stato pubblicato un redazionale che esprime un punto di vista assai diverso: «A volte mi pare – scrive l’Autore – che ci siano due piani, tra di loro ben distinti e perlopiù lontani, sui quali si svolgono le nostre vite (…).

C’è il piano che potremmo chiamare del “teatrino della politica”, non solo quella sempre più insopportabile dei giochetti di potere, delle manfrine istituzionali, dei dibattiti a suon di grida e insulti nei talk-show televisivi. Ma anche quello della maxi-rappresentazione mediatica, di Charlie Hebdo, Tsipras, le guerre, gli attentati, gli scontri di piazza, della grande politica internazionale e delle piccole vicende locali, quelle mediatizzate intendo. Quelle di cui si parla perchè i mass-media di fatto le impongono (...). In un incessante turbinio di emozioni indotte e di verità rivelate, che poco o nulla hanno a che fare con il secondo piano.

Che è poi quello della vita e delle difficoltà quotidiane, (…). Mi riferisco al dramma del disagio sociale, l’assistenza ai nostri vecchi, la difficoltà di “tirare” alla fine del mese, la disoccupazione (non solo giovanile), le code per un esame ospedaliero, i pericoli e le morti sull’asfalto (e spesso sulle strisce pedonali), le mille piccole violenze, i soprusi, il non sapere a chi rivolgersi (…).

Certo, siamo anche noi di “A rivista anarchica” un piccolo, piccolissimo, “mass-media”, cerchiamo di “coprire” le notizie che ci paiono più significative, ci occupiamo con spirito critico dei piccoli e grandi fatti nostrani e internazionali (…). Ma vorremmo sempre più scostarci dallo scenario imposto, dedicare più attenzione a quello che abbiamo indicato come il “secondo piano”, cercare di dare spazio e proporre soluzioni libertarie e credibili per il vivere quotidiano (…)».

Sul medesimo numero di “A rivista anarchica” il suo editorialista Andrea Papi, risponde a Paolo Cortesi che, dopo aver concordato con lui circa l’opportunità di creare «strutture sociali, partendo dal rapporto tra individui che si conoscono per nome e si riconoscono reciprocamente dignità e valore», «isole di libertà in un oceano di servitù», «esempi e ricette di una vita alternativa, migliore, libera», gli domanda: «Quando questo arcipelago sarà abbastanza esteso (…), cosa farà il potere?»

Certamente, afferma Papi, il dominio esistente non si lascerà corrodere e annichilire: reagirà. «E lo farà in vari modi, reprimendo, calunniando, infiltrandosi e sabotando, mistificando, procurando molta infelicità e dolore». Ma «se la paura di essere repressi fosse una ragione sufficiente per astenersi dal muoversi saremmo ancora ai supplizi del medioevo nelle pubbliche piazze, vissuti come monito a non essere irregolari rispetto ai feudatari. Il fatto che il potere ci reprimerà, come del resto ha sempre fatto, deve solo diventare un monito per trovare la maniera giusta di non essere sopraffatti».

Tutto questo mi convince fino a un certo punto.

Che ciò di cui parlano giornali e televisione (e di cui ci inducono a parlare) sia spesso ininfluente sulla nostra realtà quotidiana è senz’altro vero, e non abbiamo mancato di segnalarlo su questa rivista: recentemente, tanto per fare un esempio, abbiamo sostenuto, motivandolo, che quale che fosse stato l’esito dell’elezione del presidente della Repubblica italiana poco sarebbe cambiato per gli appartenenti alle classi subalterne. Né avrà molta influenza sulla loro vita il fatto che venga stabilito se Bossetti è colpevole dell’assassinio di Yara Gambirasio (o se sua madre “tradiva” o meno il marito).

In verità siamo andati oltre: in alcuni casi abbiamo segnalato che alcune notizie, come quella del grande pianista smemorato del quale anni fa parlarono tutti i mass-media, erano completamente inventate (tale pianista, letteralmente, non è mai esistito).

Ma vi sono altri eventi sui quali si dilungano giornali e televisione che influiscono (e come!) sulle nostre vite: eventi quali l’approvazione del jobs act, l’approvazione delle missioni militari italiane all’estero o, per toccare argomenti sui quali è più complesso esprimersi, il caso Englaro o le adozioni di minori da parte di coppie gay. Né mi sembra si possa sostenere che il «dramma del disagio sociale, l'assistenza ai nostri vecchi, la difficoltà di “tirare” alla fine del mese, la disoccupazione (non solo giovanile), le code per un esame ospedaliero» non abbiano a che fare con ciò che si decide all’interno di quel “teatrino della politica” che, giustamente, provoca in noi un senso di disgusto.

Che l’attenzione dei libertari debba essere rivolta prevalentemente ai problemi sociali, lasciando in secondo piano quelli politici (qui intesi nel senso stretto di “riguardanti la gestione del potere”) e, a maggior ragione, la cronaca nera, mi sembra ovvio. Ma ciò non deve voler dire disinteressarsi della politica (sempre intesa in senso stretto) perchè quest’ultima influisce pesantemente sulle nostre vite e, come la storia del nostro movimento ha abbondantemente dimostrato, anche se noi decidiamo di non occuparci di politica, continuano ad occuparsene gli altri, con gravi conseguenze (penso in particolare a quanto accadde in Russia nel primo dopoguerra, o in Sudamerica all’inizio degli anni trenta del Novecento).

Dice Andrea Papi (che, oltre ad essere mio grande amico, è mio partner abituale nelle conferenzedibattito) che occorre costruire una società autogestita all’interno dell’attuale società capitalistica; e Paolo Cortesi lo ritiene possibile al punto da domandargli che cosa faremo quando il potere reagirà sentendosi minacciato. Ma, siete sicuri che costruire una società autogestita all’interno dell’attuale società capitalistica sia davvero possibile? O, quantomeno, siete sicuri che sia possibile costruirla senza incidere contemporaneamente sulla gestione che in essa si fa del potere, senza cioè occuparsi di politica (sempre intesa in senso stretto)? Personalmente non ne sono convinto: si può scegliere di fare politica rimanendo al di fuori delle istituzioni (come, sostanzialmente, ho sempre fatto) ma di certo non si può trascurarla. E se una cosa mi lascia perplesso dell’attuale andazzo di Cenerentola, è proprio che su di essa, di politica, si parla troppo poco.

Non è un caso se lo scorso luglio, come redazione di Cenerentola, abbiamo aderito con entusiasmo, aprendo un dibattito, all’appello del Passatore, intenzionato a creare «in tempi strettissimi dei tavoli tecnici con compagne e compagni competenti, e possibilmente non con la mente devastata da certezze sociologiche, con il fine di elaborare in tempi altrettanto stretti programmi politici fruibili che diano risposte ai problemi attuali». Devo però rilevare che, al di là di alcuni interventi del Passatore stesso, di Rino Ermini e dei conpagni della ex Federazione dei Comunisti Anarchici (ora Alternativa Libertaria /Fdca), fino a questo punto i contributi pervenuti alla redazione sono stati ben pochi. E, a mio parere, non è un buon segno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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