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Categoria: Ambiente
Creato Lunedì, 01 Novembre 2010

La Commissione europea e i rifiuti di Napoli, di Dora Palumbo (n°129)

Durante il mese di ottobre, Napoli è tornata ad occupare le pagine dei giornali a causa dei rifiuti accumulati nel centro della città e delle proteste dei cittadini e del sindaco di Terzigno contro l’apertura di un’altra discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio.

I napoletani sono sicuramente tanti, produrranno anche tanta spazzatura, ma il numero di discariche che vengono aperte a Napoli è veramente alto, quindi è lecito pensare che qualche cosa non funzioni nel ciclo dei rifiuti.

A tal proposito, la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo ha ricevuto moltissime denunce da parte di cittadini che accusano le istituzioni di un disastro ambientale che continua da oltre quindici anni.

Con l’obiettivo di investigare a fondo queste accuse, una delegazione di euro-parlamentari ha visitato la Campania dal 28 al 30 Aprile 2010. Le conclusioni della visita sono state riportate in una relazione. E’ molto interessante conoscere cosa pensano i commissari europei che, durante il sopralluogo, si sono avvalsi della collaborazione di tecnici e ricercatori. Si riportano qui alcuni estratti, ma si consiglia di prendere visione dell’intero documento che risulta davvero molto interessante, lo si può reperire in Internet attraverso i suoi estremi DT\830539IT.

(http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/documents/peti/dt/830/830539/830539it.pdf)

Cosa dicono gli euro-parlamentari

«(...) Il primo ad essere nominato Commissario per i rifiuti per la Campania fu il Governatore Rastrelli, nel 1994. Il suo piano, in apparenza piuttosto ambizioso, prevedeva il passaggio dal sistema delle discariche, per la maggior parte sature e pesantemente inquinate, a un ciclo integrato di gestione dei rifiuti, che si sarebbe retto sulla produzione di combustibile di alta qualità derivato dai rifiuti (CDR o ecoballe) e sulla successiva produzione di energia attraverso l’incenerimento del CDR in appositi impianti inceneritori. I residui organici sarebbero stati utilizzati, invece, per la rigenerazione delle discariche esistenti. Parallelamente a questo ciclo era prevista una strategia per la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti domestici.

La gara d’appalto per l’organizzazione dell’intero ciclo dei rifiuti, che prevedeva la costruzione di due inceneritori e di sette impianti per le ecoballe e per i rifiuti organici, fu vinta il 20 marzo 2000 dalla società FIBE, il cui mancato rispetto dei termini contrattuali è da più parti considerato una delle cause alla radice di molti dei problemi di oggi.

La cernita dei rifiuti destinati alla produzione di ecoballe e dei rifiuti organici era realizzata senza il dovuto rispetto delle disposizioni di legge: la questione chiave è la mancata selezione o filtraggio dei rifiuti. A titolo di esempio, i rifiuti considerati pericolosi, compresi numerosi rifiuti industriali, i rifiuti tossici o radioattivi, gli oli minerali, i pneumatici usati, i liquidi infiammabili, e così via, non andrebbero mai mischiati o immagazzinati con i residui domestici o organici. Il risultato è che la Campania si ritrova oggi con sei milioni stimati di ecoballe di qualità inferiore allo standard, sospettate peraltro di contenere rifiuti tossici.

Inoltre, l’assenza di strutture di incenerimento ha determinato l’ammasso delle ecoballe in siti di stoccaggio temporaneo e la saturazione delle discariche con rifiuti misti e forse, anche, contaminati. La delegazione si è recata presso i siti di stoccaggio temporaneo di Taverna del Re e Ferrandelle, ove la popolazione è seriamente preoccupata per l’inquinamento atmosferico e idrico e per l’impatto sulla salute. Oggi si ritiene che il cumulo di ecoballe sia “mummificato”, ovvero che il suo potere calorifico sia troppo elevato per consentirne l’incenerimento presso la struttura attualmente disponibile1.

Il primo inceneritore di Acerra è entrato in funzione soltanto nel marzo 2010. Le cause della ritardata apertura del primo ed unico impianto d’incenerimento ad oggi operativo sono molteplici. Il luogo prescelto, Acerra, risultava già fortemente inquinato, tanto che agli abitanti era stata promessa, anni addietro, una bonifica ambientale. I lavori di costruzione sono stati rallentati, anche per questo motivo, da battaglie legali interminabili riguardanti, da un lato, l’ubicazione dell’impianto e, dall’altro, le specifiche tecniche del tutto anacronistiche proposte da FIBE. L’impianto attuale, che la delegazione ha avuto modo di visitare, non è stato dunque completato da FIBE, bensì da Partenope Ambiente, che ha aggiornato il progetto ed è ora responsabile della sua gestione. FIBE è attualmente sotto inchiesta2.

I progressi compiuti sul fronte della riduzione dei rifiuti e del riciclaggio dei residui domestici sono minimi. Gli abitanti di Napoli producono oggi una media di 2,2 kg di rifiuti al giorno (contro una media UE di 1,4 kg) di cui solo l’8% viene riciclato (contro una media UE del 23%)3. Di conseguenza i rifiuti domestici e non continuano ad essere conferiti in discarica in maniera indiscriminata, in taluni casi, a quanto risulta, mescolati a diversi tipi di rifiuti industriali. Poiché molte discariche sono state dichiarate aree di interesse strategico, è stato impedito ai cittadini e alle autorità locali di verificare cosa vi venga effettivamente conferito.

Le discariche sono in gran parte gestite da privati anche se non è chiaro sulla base di quali licenze o autorizzazioni (...)

Durante l’ultima emergenza rifiuti, periodo al quale risale la maggior parte delle petizioni, è stata promulgata una legge, datata 14 luglio 20084, che affida la competenza per il ciclo di gestione dei rifiuti alla Protezione civile, fissa la data di fine emergenza al 31 dicembre 2009, designa i siti di gestione dei rifiuti come zone “di interesse strategico” assoggettandole alla supervisione militare e al segreto di Stato, autorizza l’allestimento di dieci discariche e di quattro inceneritori, stabilisce obiettivi di riciclaggio vincolanti per comuni e province (2009: 25%; 2010: 35%; 2011: 50%).

La delegazione ha effettuato sopralluoghi nelle discariche di Chiaiano e Terzigno e all’inceneritore di Acerra.

Il sistema commissariale in sé è oggetto di pesanti critiche e varie indagini giudiziarie in corso. Molti tra la popolazione ritengono che la gestione dei rifiuti da parte dei commissari straordinari costituisca parte del problema, piuttosto che la soluzione. (…) La caratteristica più importante della gestione straordinaria è il potere dei commissari di derogare alle norme e ai controlli, comprese le leggi in materia di valutazioni di impatto ambientale e quelle sugli appalti pubblici; risulta altresì che abbiano accesso pressoché incontrollato ai finanziamenti pubblici. Hanno inoltre l’autorità di decidere a quali aziende assegnare i contratti di trasporto, di realizzazione delle opere, l’ubicazione di impianti, discariche e inceneritori, senza l’obbligo di fornire informazioni agli enti locali e agli abitanti in merito alle decisioni prese.

Il risultato è che durante lo stato di emergenza, le decisioni sono state assunte generalmente in modo affrettato e senza riguardo per le preoccupazioni della popolazione. Tutte le discussioni in merito all’ubicazione delle discariche, al tipo e alla quantità dei rifiuti da conferirvi o alla necessità oggettiva di creare quattro nuovi inceneritori sono state sospese per poter individuare un numero sempre maggiore di siti ove collocare rifiuti vecchi e nuovi rapidamente e senza controllo. Il problema rifiuti è stato considerato come fatto puramente logistico, relegando a questione virtualmente insignificante ogni considerazione di sicurezza ambientale e di salute, ed ogni riflessione di gestione a breve e lungo termine di raccolta differenziata, riciclaggio o riduzione dei rifiuti.

I cittadini che hanno contestato questa situazione o che hanno cercato di proporre approcci alternativi sono stati emarginati o ignorati. I firmatari affermano, ad esempio, di non essere riusciti a ottenere informazioni chiare su ciò che sta realmente accadendo nel loro territorio, che in molti casi ha subito una lunga storia di scarichi illegali o di inquinamento. Alcuni mezzi di informazione sostengono, d’altra parte, che la responsabilità principale della crisi dei rifiuti gravi sui cittadini e i partiti che non hanno voluto gli inceneritori e le discariche nei propri territori, accusati di essere vittime della sindrome “non nel mio cortile” (NIMBY - not in my backyard).

La risposta delle autorità politiche nazionali è stata principalmente quella di porre i siti di gestione dei rifiuti e l’inceneritore di Acerra sotto stretto controllo delle forze armate. Neanche la polizia locale ha poteri in queste aree, come testimoniato dalla delegazione (...)

Chiaramente taluni aspetti chiave della normativa europea, concepita specificamente per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini e assicurare un sistema pubblico coerente di gestione dei rifiuti, sono stati gravemente violati, prima nel lungo periodo di autocompiacimento, corruzione e inerzia, a cui ha fatto seguito il fallito tentativo di risolvere il problema, e successivamente nel breve periodo di misure d’emergenza che hanno intaccato la fiducia dei cittadini nelle proprie istituzioni».

Chi paga?

I cittadini campani, oltre a vivere la situazione di disagio e pericolo dovuta alla cattiva gestione dei rifiuti, sono costretti anche a pagare le “multe” imposte dall’Unione Europea. Forse non è noto a tutti che ogni Stato membro dell’Unione Europea è responsabile dell’applicazione del diritto dell’Unione nel suo ordinamento interno (recepimento delle Direttive entro il termine stabilito, conformità e corretta applicazione delle disposizioni nazionali). Se uno Stato membro manca ai suoi obblighi, la Commissione europea dispone del potere di ingiungere allo Stato membro di porre fine all’infrazione e, se questo non accade, di rivolgersi alla Corte di Giustizia.

A tal proposito si fa rilevare che, con la sentenza del 4 marzo 2010, l’Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea per aver violato gli artt. 4 e 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9) - Regione Campania

Dispositivo

1) La Repubblica italiana, non avendo adottato, per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 4 e 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Si fa inoltre notare che nel 2007 la Commissione europea ha deciso di sospendere il finanziamento di 135 milioni di euro di contributi per il periodo finanziario 2006-2013, a favore di progetti di gestione dei rifiuti, e un ulteriore importo pari a 10,5 milioni di euro per il periodo finanziario 2000-2006.

Quando le linee di piano 2010-2013 per la gestione dei rifiuti urbani della Campania saranno trasformate in un piano d’azione concreto e dettagliato di breve e lungo periodo soddisfacendo le disposizioni della Direttiva sui rifiuti (2006/12/CE), solo allora saranno sbloccati i 135 milioni di euro.

Così i cittadini, oltre a dover vivere in un territorio maleodorante e malsano, senza la possibilità di controllare cosa viene sversato perché coperto dal segreto di stato, sono costretti anche a pagare per gli amministratori che violano la normativa europea.


Dora Palumbo

1 Linee di Piano 2010-2013 per la Gestione dei Rifiuti Urbani, pag. 37.


2 La commissione per le petizioni ha preso debita nota della contraddittoria testimonianza, contenuta nel presente paragrafo, fornita da Impregilo spa, Fisia Italimpianti spa e Fibe spa. I documenti possono essere consultati presso il segretariato.

3 Comunicato stampa Eurostat 43/2010 - 19 marzo 2010; dati relativi al 2008, durante il culmine della crisi, che possono pertanto non riflettere la situazione attuale.

4 D.L. 23 maggio 2008, n. 90 convertito in legge del 14 luglio 2008 n. 123.